Con una recente pronuncia in tema di omicidio stradale aggravato dalla fuga del conducente (artt. 589-bis e 589-ter c.p.), la Corte di cassazione ha stabilito che non ricorrono le condizioni della c.d. quasi-flagranza (art. 382 c.p.p.), che legittimerebbero l’arresto dell’autore del fatto, laddove la polizia giudiziaria sia riuscita ad identificarlo, il giorno successivo, solamente dopo aver valutato gli esiti dell’attività d’indagine svolta (acquisizione dei filmati delle telecamere presenti in loco e assunzione di informazioni da parte delle persone informate sui fatti), e abbia rinvenuto la vettura coinvolta nell’incidente, del quale recava le tracce, grazie alla confessione resa dal conducente, che ne ha indicato il luogo di occultamento.
Difatti, in linea con la lettera dell’art. 382 c.p.p. (a norma del quale è colto in quasi-flagranza «chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima»), nonché, per altro verso, con le Sezioni Unite Ventrice del 2016, secondo le quali la condizione di quasi-flagranza presuppone la immediata ed autonoma percezione, da parte di chi procede all’arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato sottoposto alla misura pre-cautelare, la Cassazione ha escluso che tali circostanze ricorressero nel caso concreto, atteso che, come detto, l’individuazione dell’autore del fatto è stata il frutto dell’elaborazione valutativa degli elementi acquisiti all’esito di una – ancorché rapida – attività d’indagine, e quella della vettura è stata possibile solo per via della collaborazione dell’uomo, che al momento dell’individuazione da parte della polizia giudiziaria non è stato trovato né con cose che lo collegassero univocamente al reato commesso nell’immediatezza, né con segni sulla propria persona riconducibili al medesimo (Cass. pen., Sez. IV, 5 ottobre 2021, n. 36169).
Dopo aver conseguito la Laurea magistrale in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” nel 2012, l’avvocato Luca Lanzi ha svolto il biennio di praticantato in un prestigioso Studio legale della Capitale, superando l’esame per l’abilitazione all’esercizio della professione forense presso la Corte di Appello di Roma. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Roma dal 2015, a soli 27 anni ha iniziato a patrocinare in processi penali di sempre maggior caratura, nel Foro di Roma e su tutto il territorio nazionale.
Avv. Luca Lanzi
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